ROMA – L’Italia mantiene il primato tra le grandi economie europee per livelli di circolarità, ma resta fortemente dipendente dalle importazioni di materie prime. È il quadro complesso che emerge dal Rapporto 2025 sull’economia circolare, presentato oggi a Roma nel corso della 7ª Conferenza nazionale sull’economia circolare, organizzata dal Circular Economy Network (CEN) in collaborazione con ENEA e con il sostegno della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
Un primato, quello italiano, che si conferma per il secondo anno consecutivo dietro i Paesi Bassi, ma che assume un valore ancora più rilevante nel confronto con le principali economie dell’Unione Europea: Germania, Francia e Spagna. Tuttavia, la fotografia scattata dal rapporto mostra anche luci e ombre: se da un lato migliora la produttività delle risorse (+20% rispetto al 2019), dall’altro la dipendenza dall’import di materiali ha raggiunto nel 2023 il 48% del fabbisogno complessivo, contro una media UE del 22%.
I numeri della dipendenza e del potenziale
Nel solo quinquennio 2019-2024, il valore delle importazioni italiane di materie prime è passato da 424 miliardi a quasi 569 miliardi di euro, con un aumento del 34%. Una dinamica che espone l’industria nazionale a rischi crescenti, soprattutto in un contesto geopolitico instabile, con crisi energetiche, guerre e competizione globale per l’accesso alle risorse.
Secondo Cassa Depositi e Prestiti, l’adozione di pratiche circolari ha già consentito risparmi per 16,4 miliardi di euro alle imprese manifatturiere italiane nel solo 2024. Ma le potenzialità sono ancora largamente inespresse: la Commissione europea stima che un aumento diffuso della circolarità possa garantire fino a 45 miliardi di euro annui di risparmi energetici nei 27 Stati membri.
Edo Ronchi: “Serve un cambio di paradigma”
«Bene ma non benissimo», ha sintetizzato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, aprendo i lavori della conferenza. «L’Italia deve decidere se rafforzare la propria leadership o perdere il vantaggio competitivo conquistato negli ultimi anni. Oggi si punta ancora troppo sulla gestione dei rifiuti e troppo poco sulle azioni a monte: eco-design, durabilità, riparabilità e riuso», ha ammonito. Ronchi ha evidenziato anche la necessità di rafforzare il mercato delle materie prime seconde e introdurre incentivi fiscali e criteri ambientali negli acquisti pubblici.
Claudia Brunori (ENEA): “Bisogna agire sull’eco-design e sulle tecnologie circolari”
Per Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento Sostenibilità dell’ENEA, la strada è chiara: «L’Italia è ai vertici per produttività delle risorse e tasso di utilizzo circolare, ma arretra negli investimenti privati. Il nodo critico resta la dipendenza dalle importazioni, che è più del doppio rispetto alla media europea. È urgente attuare un’economia circolare che parta dall’innovazione di prodotto, capace di garantire approvvigionamenti sostenibili e resilienti, specie per le materie prime critiche e strategiche».
Brunori ha posto l’accento sulle biotecnologie circolari come frontiera di sviluppo, con applicazioni nell’agrozootecnia, nella valorizzazione degli scarti organici e nella produzione di nuovi materiali, come biocarburanti e biomolecole ad alto valore aggiunto.
Obiettivo 2030: un’Italia più competitiva e sostenibile
L’invito lanciato dalla conferenza è chiaro: accelerare l’attuazione di politiche strutturali per la transizione verso un modello industriale circolare, capace di rafforzare l’autonomia strategica del Paese, ridurre la vulnerabilità economica e aprire nuove opportunità per le imprese. Il Rapporto sottolinea come l’economia circolare non sia solo una questione ambientale, ma un fattore chiave di innovazione, occupazione e competitività per il “Made in Italy”.
A sottolineare la centralità del tema anche la presenza del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, e del rappresentante della Commissione Europea, Vincenzo Gente, che ha ribadito la volontà dell’UE di rafforzare i target obbligatori sulla circolarità nei prossimi anni.
Con una governance forte, strumenti fiscali mirati e un impegno sinergico tra istituzioni, imprese e cittadini, l’Italia può consolidare la sua posizione di leader europeo e diventare un modello di riferimento per un’economia che non solo produce meno rifiuti, ma crea più valore dalle risorse già disponibili.