26.10.2022 – Tra arrestati e indagati nella maxi operazione “Terra bruciata” che stamani ha sconvolto Randazzo, sono ben 37 gli avvisi notificati dall’autorità giudiziaria nella cittadina etnea. 21 persone sono state arrestate e alcuni di essi sono stati colti anche in flagranza di reato. Ad altri 13 soggetti è stata notificata la chiusura delle indagini.
Droga, armi ed estorsioni
Nel corso delle operazioni, sono stati rinvenuti sostanziosi quantitativi di sostanze stupefacenti e anche numerose piantine di marijuana, oltre a un autentico arsenale, composto da fucili, pistole, caricatori e vari componenti di armi (tutti detenuti clandestinamente). Le armi venivano nascoste sottoterra e per rinvenirle venivano utilizzati dei metal detector (anch’essi sequestrati dagli inquirenti).
Ma non ci sono soltanto droga e armi: le indagini degli inquirenti hanno fatto emergere un importante giro di estorsioni che avveniva ai danni degli imprenditori locali, attraverso soggetti incensurati e apparentemente insospettabili che però passavano regolarmente a riscuotere il pizzo (anche per somme estremamente cospicue) e che non di rado ricorrevano ad atti intimidatori nei confronti di chi non pagava o di chi veniva considerato un “nemico”.
Dalle indagini, è emerso anche il possibile legame con i gruppi malavitosi di tre esponenti delle istituzioni comunali, che ora sono indagati: nei loro confronti sono stati emessi degli avvisi di garanzia. A loro carico l’accusa di aver promesso favori agli esponenti del clan in cambio di pacchetti di voti per le elezioni del 2018.
Arrestati e indagati sono ora chiamati a esporre le loro versioni dei fatti. Le accuse a loro indirizzo sono estremamente gravi, anche perché sono formulate con l’aggravante del metodo mafioso.
Un controllo capillare del territorio
I fatti denunciati dagli inquirenti incomincerebbero addirittura nel 2008, quando uno degli arrestati (all’epoca appena uscito dal carcere) avrebbe ridato linfa agli affari criminali della famiglia di cui faceva parte, prendendo peraltro particolari cautele nel corso degli incontri con gli affiliati per evitare l’intervento delle forze dell’ordine.
Le attività in cui sarebbe stata coinvolta la famiglia sono il traffico di sostanze stupefacenti, necessarie per il sostentamento del clan, e le estorsioni ai danni delle imprese del territorio. Alle quali, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, veniva inoltre imposto di assumere affiliati al clan. Cosa, questa, che avrebbe permesso alla famiglia anche un controllo del territorio estremamente capillare e diffuso.
Nel mirino le elezioni del 2018
Inoltre, nel mirino degli inquirenti ci sono anche le elezioni amministrative del 2018, durante le quali, secondo le accuse, gli appartenenti all’organizzazione malavitosa avrebbero interferito con il regolare svolgimento della vita democratica del paese. Secondo le ricostruzioni, infatti, in cambio di alcuni favori, gli appartenenti alla cosca avrebbero contribuito a raccogliere voti per alcuni candidati.
Le indagini che hanno portato a questa maxi operazione (che ha coinvolto anche alcune città di altre regioni, come Cagliari, Bari e Riccione) sono iniziate nel 2018 e si sono concluse a gennaio 2021.
[E.R.]