Un’ondata di sdegno e incredulità ha travolto Paternò a seguito della richiesta di rinvio a giudizio per 49 persone, tra cui il sindaco Antonino Naso, nell’ambito dell’inchiesta “Athena” condotta dai Carabinieri e coordinata dalla Procura di Catania. Le accuse, pesantissime, spaziano dall’associazione mafiosa al traffico di stupefacenti, dalla turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso alla corruzione.
Al centro dell’inchiesta, le presunte infiltrazioni del clan Morabito, legato alla potente famiglia mafiosa catanese dei Laudani, nelle aste giudiziarie di terreni e immobili. Un sistema di intimidazione e corruzione che, secondo l’accusa, avrebbe permesso al clan di controllare le vendite e di arricchirsi illecitamente.
Ma l’ombra della mafia si estende anche alla politica locale. Il sindaco Naso, insieme all’ex consigliere comunale ed ex assessore Pietro Cirino e all’assessore Salvatore Comis, è accusato di voto di scambio politico-mafioso. In cambio di voti, avrebbero favorito l’assunzione di persone vicine al clan in un’impresa di raccolta rifiuti.
L’inchiesta “Athena”, nata dalla denuncia di un imprenditore minacciato dal clan, ha scoperchiato un vaso di Pandora, rivelando le dinamiche criminali del gruppo Morabito e il suo radicamento nel tessuto economico e politico della città. La richiesta di rinvio a giudizio rappresenta un passo importante nella lotta alla mafia, ma lascia Paternò sotto shock, alle prese con una ferita profonda che richiederà tempo per rimarginarsi.