31.10.2022 – Della Breast Unit siciliana, ovvero la rete dei centri siciliani per la prevenzione e la cura del tumore al seno, non fanno parte strutture (cliniche e case di cura) private. Con due eccezioni: il centro catanese Humanitas e la palermitana Maddalena. Questo è quanto ribadito dal Tribunale amministrativo regionale (Tar) di Palermo. La sentenza amministrativa arriva dopo un ricorso presentato a suo tempo dalla casa di cura Torina di Palermo contro un il decreto del 30 gennaio del 2020 dell’assessorato alla sanità della Regione siciliana. Decreto, evidentemente, giudicato legittimo dai giudici amministrativi.
Breast unit, la rete multidisciplinare contro il cancro al seno
Una Breast unit rappresenta un insieme di centri multidisciplinari di senologia, che fanno rete per prevenire il tumore al seno e per assistere e curare le donne che ne vengono affette, seguendo appunto approcci multidisciplinari inseriti però in un contesto di cure unitario. In Sicilia sono diversi i centri che fanno parte della rete contro il tumore al seno e, nel gennaio del 2020, l’assessorato alla sanità decise di operare una razionalizzazione dei centri riconosciuti dalla Regione.
Nel decreto del gennaio 2020 solo due strutture private ammesse
Con il decreto del 30 gennaio 2020, quindi, furono individuati i centri che facevano parte della Breast unit (per la provincia di Catania, i centri erano il Cannizzaro, individuato come struttura capofila con funzioni di coordinamento e raccordo; la casa di cura Humanitas; l’Arnas Garibaldi e il Policlinico Vittorio Emanuele, queste ultime da sottoporre a monitoraggio).
La casa di cura Torina non fu inserita tra i centri facenti parte della rete e decise, così, di ricorrere contro il provvedimento, chiamando in causa il Tar. Il quale, però, con la prima sezione presieduta da Salvatore Veneziano, ha respinto il ricorso, ritenendo legittima la decisione dell’assessorato di escludere dalla Breast unit siciliana le strutture private.
Per il Tar il decreto è legittimo
“La contestata programmazione – si legge nella sentenza del Tar – si appalesa pertanto ragionevole in quanto volta a garantire gradualità nel passaggio alla Rete oncologica per assicurare la copertura integrale del fabbisogno rilevato. Infatti non è stato disposto che il passaggio al nuovo regime sia immediato e anzi si prevede che alcune strutture che non raggiungono le soglie indicate siano egualmente ammesse a far parte della rete e sottoposte ad un periodo di monitoraggio per testarne la tenuta sotto il profilo dei volumi dei trattamenti. Va quindi ribadito che la scelta di concentrare in alcune strutture soltanto il trattamento dei pazienti oncologici, non risponde solo ad una finalità di selezione delle migliori, ma anche di promozione dell’incremento della qualità di quelle esistenti più qualificate, al fine di ridurre il fenomeno della mobilità regionale passiva, visto come un impoverimento della sanità regionale e un rischio per i pazienti“.
[E.R.]